Fake news: quali conseguenze per l'informazione?

2022-09-24 02:39:01 By : Mr. Benjamin Tang

Le fake news sono diventate uno degli argomenti più trattati nei quotidiani e nei settimanali cartacei, come se solo il mondo del web avesse l’esclusiva di pubblicare e far girare notizie false, o non del tutto vere, a vantaggio di un candidato, di un prodotto, o di una committenza. Lo scandalo prodotto dalla vendita a privati, interessati ad influenzare politicamente l’opinione pubblica, delle informazioni personali presenti su Facebook è stato forte, ma il fenomeno non si è certo ridotto, nonostante le rassicurazioni. Ne potrete avere una prova iniziando una ricerca di un particolare prodotto, ad esempio su Ebay. Entro poco tempo anche i vostri parenti o i vostri conviventi riceveranno offerte e proposte di acquisto per i prodotti che voi avete cercato.

Per le influenze politiche il filtro è soltanto un poco più raffinato, ma questo ce lo spiegava già Francesco de Sanctis nella sua “Letteratura italiana” parlando delle “verità parziali” dei Gesuiti. Basterà indirizzare ad un particolare pubblico, selezionato come particolarmente sensibile ad un aspetto di un messaggio, solo l’aspetto del messaggio per cui quel pubblico è sensibile.

Permettetemi di mostrarvi un esempio. Per questa prova conto sulla “presunta” sensibilità animalista dei miei lettori. Ed eccovi la notizia:

Il CUFA (i Carabinieri forestali) e LA FAI (Federazione Apicoltori Italiani) hanno reclutato a Roma un milione di api per monitorare l’inquinamento e la biodiversità nella Capitale. Per un periodo ben determinato i melissopalinologi (gli studiosi dei pollini contenuti nel miele) della FAI analizzeranno il raccolto delle api operaie di un certo numero di alveari disposti strategicamente, al fine di coprire la maggior parte della città. Ogni anno, per testare l’inquinamento romano, verranno prelevate diecimila api che saranno liofilizzate, poi polverizzate e quindi analizzate con lo spettrometro di massa, per individuare la presenza e la percentuale dei principi inquinanti con cui sono venute in contatto.

Non vi sentite torcere le budella al pensiero di queste centomila povere operaie, già costrette a lavorare di più e in un ambiente apparentemente non naturale ed ostile (la città), poi catturate e liofilizzate? Ricordo che per liofilizzare qualcosa occorre surgelarla e poi (sottovuoto) riscaldarla fino a far evaporare l’acqua contenuta (sotto forma di ghiaccio) in modo che fuoriesca per sublimazione. Ma che razza di scienziati sono quelli che poi faranno in polvere i poveri resti per scoprire gli inquinanti contenuti? Non è meglio raccogliere gli inquinanti nei filtri delle centraline anti inquinamento, senza dover distruggere diecimila poveri animali?

Io vi ho dato una notizia vera, ma, privandola di alcune informazioni (volutamente omesse) la ho trasformata in una fake news capace di urtare la vostra, ma anche la mia, sensibilità. Ed è proprio questo che fanno i “padroni” della comunicazione.

 Il CUFA (i Carabinieri forestali) e LA FAI (Federazione Apicoltori Italiani) hanno stabilito di installare in circa venti punti della città di Roma venti alveari per monitorare la biodiversità e l’inquinamento nella Capitale. Per ogni alveare, fino a cinquantamila operaie, soprattutto nel periodo estivo, percorreranno migliaia di chilometri alla ricerca di polline e nettare. Ricordiamo ai distratti che, nel periodo estivo, la vita delle api operaie varia tra i trenta e i quaranta giorni, e che tra i loro compiti c’è anche la manutenzione e la pulizia dell’alveare. Prima di morire le operaie, che hanno esaurito il loro ciclo di vita, si allontanano dalle arnie per non inquinare con i loro corpi l’alveare. Tra queste api, per ogni arnia verranno prelevati (tra le migliaia che ogni mese muoiono) cinquanta esemplari che verranno analizzati con lo spettrometro di massa per riconoscere gli inquinanti con cui sono entrati in contatto.

Con altre tecniche scientifiche i melissopalinologi (gli esperti in grado di riconoscere i pollini contenuti nel miele) potranno riconoscere la ricchezza e la diversità biologica dell’ambiente urbano.

Grazie al posizionamento strategico degli alveari e ai milioni di prelievi effettuati dalle api, si potrà realizzare una mappatura estremamente precisa, sia della presenza degli inquinanti che della biodiversità.

Il modo di dire “bufala”, secondo le più accreditate fonti, potrebbe derivare dal fatto che le “sprovvedute” bufale (bovidi femmine del bufalo) vengano fatte andare dove vuole il mandriano e portate in giro, grazie alla corda legata a un “anello al naso” (altro modo di dire). Un’altra scuola di pensiero prende in considerazione la qualità della carne; nella antica Roma la carne più ricercata era quella di manzo o di maiale, ma gli animali più diffusi nella campagna romana erano i bufali, perciò i macellai truffavano i clienti spacciando per carne bovina la carne di bufala, da cui il modo di dire romano: “T’hanno ammollato ‘na bufala”.

La notizia è la stessa ma, grazie alla maggiore o minore completezza di particolari, e al pubblico (target) a cui è destinata, riesce a scatenare sentimenti diversi. Siamo ormai lontani dalle affermazioni che solitamente identificano le “bufale”: “l’Università di pinco pallino ha realizzato uno studio da cui emerge che… (e qui la cavolata di turno)”. Comprenderete come, indirizzando a particolari blog notizie manipolate, i signori dell’informazione ora siano in grado di farci condividere o odiare i comportamenti di particolari gruppi sociali o politici.

Scusatemi se ho evidenziato questo, so benissimo che voi siete tutti più in gamba di me, e più capaci di discernere le notizie di quanto sia io. Con questo articolo voglio evidenziare quanto sia importante fare attenzione alla completezza delle notizie, quanto sia importante applicare una metodologia scientifica e una sana curiosità. Ma anche se siete sicuri di essere immuni dalle influenze delle “fake news”, vi prego di fare attenzione ai “bombardamenti” a cui siamo sottoposti. A mio parere, nel nostro tempo, gli spacciatori di “fake news” sono molto più pericolosi degli untori di manzoniana memoria.

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